10 dicembre 2015: Giornata Mondiale dei Diritti Umani
Ricorre oggi la Giornata Mondiale dei Diritti Umani, a commemorazione della firma della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo adottata dalle Nazioni Unite nel 1948. L’ONU, che ha istituito questa ricorrenza nel 1950, ha voluto quest’anno dedicarla al lancio di una campagna che durerà un anno per festeggiare il 50° anniversario di due importanti patti internazionali sui diritti umani siglati nel 1966: il patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e quello sui diritti civili e politici.
Puntuale l’ONU ci riporta a vedere la stretta interconnessione tra i diritti umani e le condizioni socio-economiche, socio-culturali e socio-politiche che in questi possono davvero manifestarsi. E ce lo indica in un tempo particolarmente intenso per noi Europei in cui il raggiungerci del terrorismo fondamentalista ci ricorda che siamo strettamente connessi con le sorti di aree del mondo dove abbiamo agito, ma non abbiamo saputo promuovere diritti e sviluppo e quindi pace e convivenza. Ce lo indica in un tempo stringente per tutto il pianeta, quello della Conferenza di Parigi sul clima, in cui si manifesta tutta la lentezza e l’inconsapevolezza delle nazioni e dei governi a comprendere gli effetti dei modelli di vita, di consumo, di sviluppo del Nord del Mondo e delle economie in crescita (India e Cina in prima fila). Effetti che ci conducono verso scenari catastrofici e verso un punto di non ritorno.
Se le pur giovani Nazioni Unite, la testa pensante di questo Mondo, vedono la situazione con tanta chiarezza, dobbiamo chiederci perché allora le braccia, il fare della nostra Umanità, e le gambe, l’incedere progressivo che stiamo praticando senza sosta, non seguono le evidenze. L’evidenza dell’ambiente, della pace, dello sviluppo umano, dell’interconnessione tra i popoli. Perché quando si tratta di fare accordi sul clima, di capire come arginare il terrorismo o fronteggiare i movimenti migratori verso l’Europa, i governi si ripiegano su interessi ristretti, tempistiche di corta gittata, posizioni aggressive?
La risposta sta nella mancanza di cuore, anello di congiunzione tra il dire e il fare. Il cuore in questo caso è la consapevolezza dell’importanza di tutto questo: di come ci riguardi, direttamente e nella relazione empatica con l’altro; di come la pace, la giustizia sociale, l’impulso alla crescita delle società intere, la tutela dell’ambiente, siano la condizione vitale indispensabile ed imprescindibile per noi e per i nostri figli.
E a questi ultimi, bambini e ragazzi cui L’Albero della Vita ha destinato la sua missione sociale da 18 anni, va oggi l’esortazione a prendere in mano le sorti di questo nostro Mondo, superando l’incapacità e il fallimento di ben più di una generazione di adulti: l’invito ad impegnarsi a costruire una visione ancora più chiara, globale e lungimirante; a farsi sostenere dalla passione per il miglioramento e dal coraggio di cambiare; ad agire con costanza, risolutezza e grande concretezza.
A noi educatori, nelle famiglie, nelle comunità, nelle formazioni politiche, nella scuola come agenzia formativa, nelle progettualità sociali, il compito di stimolare questo cuore tra le giovani generazioni, offrendo loro le evidenze ed aiutandole a comprendere che trovare soluzioni brillanti, creative e generative alle necessità di sviluppo sostenibile del nostro pianeta è oggi, ancor prima che un’opportunità, certamente un’urgenza.