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Per gli oltre 50 bambini disabili e per le loro famiglie che seguiamo dal 2011 al Day Care Center di Baruipur l’ultimo anno è stato davvero durissimo.
Da quando il centro era stato costretto a chiudere, lo scorso marzo, infatti, gli operatori e i fisioterapisti hanno dovuto fare i salti mortali per sostenere i ragazzi come Sayan e le loro famiglie. Sayan ha 12 anni e vive nel villaggio di Ramnagar con i nonni. Abbandonato dai genitori a causa della sua disabilità, non può camminare né afferrare gli oggetti con le mani, anche se riesce a esprimersi a gesti.
Ha bisogno di assistenza continua e di fare gli esercizi tutti i giorni. Durante il lockdown, quindi, gli operatori del centro hanno ottenuto un permesso dalla locale stazione di polizia per continuare la fisioterapia andando nelle capanne dove vivono i bambini come Sayan.
Ogni giorno la squadra si spostava in bicicletta da un villaggio all’altro e trascorreva un’ora con ciascuno di loro permettendogli di svolgere gli esercizi necessari. Ma non solo. Nello stesso tempo trasportava pacchi di cibo, dispositivi igienici e medicinali acquistati da noi, e li donava alle famiglie che durante il lockdown non avevano più reddito e non sapevano letteralmente cosa mettere nel piatto.
Nonostante i grandi sforzi, tuttavia, dopo tutto questo tempo i bambini disabili hanno bisogno di un controllo medico accurato e, in alcuni casi, di iniziare cicli di trattamento con farmaci anticonvulsioni, pratiche realizzabili solo al centro. Giunge, quindi, come una benedizione la notizia che a breve il Day Care Center tornerà ad accogliere le famiglie.
In aprile, infatti, è prevista la riapertura del centro, anche se per rispettare le norme anti-Covid sarà necessario raddoppiare l’orario di apertura per consentire l’accesso solo a piccoli gruppi alla volta. Sicuramente un piccolo sacrificio che porterà un grande beneficio.
Per tutte le famiglie che lo frequentano, infatti, il Day Care Center non è soltanto un fondamentale punto di riferimento per le cure dei bambini disabili ma anche un luogo di rispetto e dignità, l’unico posto dove per loro è possibile anche stringere amicizie sincere.
Nella maggior parte dei villaggi indiani, infatti, la disabilità è ancora considerata una maledizione, una punizione divina, e chi ne è colpito viene isolato e insultato, anche dai parenti più stretti.