Mezzo milione* di bambini spettatori inermi di queste tragedie che si consumano nella maggior parte dei casi tra le mura domestiche
“A 14 anni mi sono trasferita in Italia dalle Filippine. Non conoscevo nessuno e non è stato facile, da adolescente, inserirsi in una nuova società così diversa dalla mia, con una lingua che non capivo. Dopo i primi anni trascorsi ai margini della classe, senza amici, incontro un mio connazionale, anche lui 14enne: ci innamoriamo subito e in pochi anni divento mamma di due splendidi bambini. I primi momenti insieme trascorrono sereni, ma già con la prima gravidanza il mio compagno inizia a manifestare la sua aggressività, fisica e verbale, e a trovare consolazione per i gravi problemi economici nell’abuso di alcol. Non mi permette di lavorare, di uscire in sua assenza e di parlare al telefono con i miei genitori, relegandomi all’isolamento più assoluto. Mi picchia, mi insulta quotidianamente e mi vergogno perché i nostri vicini ci sentono”.
Maria, è una delle tante donne che abbiamo incontrato con il nostro progetto La Rondine, dedicato a mamme da sole con bambini. Lei ce la sta facendo. La continua violenza fisica e psicologica di cui è stata vittima l’ha portata ad un gesto di grande coraggio, un gesto di amore per sé e i suoi bambini: denunciare il padre dei suoi figli per maltrattamento. Inizia così un percorso faticoso, ma tutto in discesa: in seguito alla denuncia Maria viene, infatti, sostenuta a livello legale e trova accoglienza in un appartamento maggiormente rispondente alle esigenze dei suoi bambini: il nostro alloggio per l’autonomia mamma bambino “La Rondine”. È qui che Maria e i suoi figli ritrovano la serenità e la bellezza dello stare insieme, dimenticando, giorno dopo giorno, i fantasmi del passato. La forza e la determinazione di questa giovane mamma permettono, nel giro di pochi mesi, di trovare un lavoro stabile e di muovere i primi passi verso l’autonomia.
La storia di Maria è una storia di emarginazione, di violenza, di sofferenza e sacrifici ma è anche una storia di riscatto, di rinascita, di coraggio. Una storia a lieto fine perché oggi Maria e i suoi bambini, hanno finalmente una casa accogliente, una casa dove scrivere insieme il loro futuro. Ma tante donne sono ancora in attesa di poter iniziare a scrivere il primo capitolo della loro nuova vita. Capitolo che potrà cominciare solo per le donne che avranno la forza di non rimanere nell’isolamento e di denunciare le violenze subite, che spesso avvengono a casa, proprio tra quelle mura che dovrebbero tutelare, proteggere, farci sentire al sicuro.
Ogni giorno, il nostro staff educativo si interfaccia con storie come quella di Maria, storie fatte di violenze, di silenzi e di solitudine. Storie di tante mamme, vittime di violenza, i cui figli sono piccoli spettatori inermi, indifesi, silenziosi. Ma cosa rimane nei ricordi dei bambini che vivono quotidianamente queste realtà? Quali solchi indelebili si tracciano nei loro ricordi? Che modelli restano impressi nelle loro memorie? Quali saranno le conseguenze una volta diventati adulti?
Si calcola che siano mezzo milione i minori che negli ultimi 5 anni in Italia hanno assistito nelle loro case alla violenza subita dalle madri. Quasi sempre il responsabile è un uomo, il loro padre*.
“Per un bambino assistere a un atto di violenza contro la madre” dichiara Ivano Abbruzzi, presidente di Fondazione L’Albero della Vita, “è come subirlo direttamente. Questi episodi che avvengono nella maggior parte dei casi a casa, luogo deputato alla protezione dei componenti di un nucleo familiare, e spesso per mano di un parente, hanno un impatto negativo sullo sviluppo fisico, cognitivo e del comportamento del minorenne. I numeri allarmanti di questo fenomeno ci richiamano all’emergenza di mettere in atto un sistema di protezione, diffuso e capillare che, da una parte non lasci da sole le donne che si devono liberare da fenomeni violenti – maltrattamenti fisici, psicologici verbali, e dall’altra parte si prenda immediatamente cura dei bambini che assistono alla violenza quotidianamente”.
Il nostro appello, in questa giornata dedicata all’eliminazione della violenza contro le donne, è che tutti gli adulti a contatto con i minori a rischio (scuole, servizi sanitari, comunità educante) si assumano una responsabilità diretta per far emergere situazioni sommerse. È indispensabile porre al centro anche di questa tematica la fragilità del bambino, che richiede un’attenzione e degli strumenti dedicati, fin dalle prime manifestazioni.
*dati Save The Children 2019