In India sono stati ritrovati sette feti di circa 5 mesi vicino ad una fermata dell’autobus nel poverissimo distretto di Belagavi, nello Stato del Karnataka, questa è una notizia di pochi giorni fa. Sette feti, abbandonati dopo la “triste” scoperta: sarà una femmina.
Si tratta di notizie che ciclicamente occupano le prime pagine delle testate internazionali, perché purtroppo l’aborto selettivo, a seguito della scoperta del sesso femminile del feto, è un tema che affligge l’India e tanti Paesi che condividono estreme e radicate condizioni di povertà.
L’aborto selettivo è un fenomeno strettamente correlato alla povertà endemica diffusa nel sub-continente indiano, che conta circa 460 milioni di persone che sopravvivono con in media 1.90$ al giorno.

Nella società indiana, soprattutto nei contesti rurali e arretrati dove operiamo, le figlie femmine rappresentano spesso un peso economico difficilmente sostenibile.
Se, infatti, al figlio maschio è attribuito il dovere di mantenere i genitori lavorando, le figlie crescono per entrare in una nuova famiglia di cui si occuperanno ed alla quale viene anche offerta una dote.
In queste circostanze la femmina è di fatto un costo.

Si parla di 7 milioni di bambine in meno in India entro il 2030 a causa di questa pratica.
Attenzione perché il problema qui non è la pratica dell’aborto, ma la causa: ovvero la povertà estrema e la cultura intorno alla figura femminile.


Una pratica estremamente rischiosa che uccide 39.000 donne ogni anno

L’aborto in India è legale ma questi casi particolari avvengono solo dopo aver scoperto il sesso del nascituro, ben oltre i tempi ammessi per legge per l’interruzione di gravidanza legale.
Questo significa che ogni aborto selettivo è un aborto illegale, questo spinge le madri disperate a sottoporsi alla pratica dell’interruzione di gravidanza in ambienti casalinghi e nelle mani di persone non correttamente formate, perché perseguibili se si rivolgessero agli ospedali, rischiando così la propria vita ed impedendo ad una nuova bambina di nascere, unicamente perché femmina.
Il ricorso a forme informali di interruzioni di gravidanza è la causa anche di oltre 39.000 decessi ogni anno e alti numeri di ricoveri ospedalieri per le complicazioni successive alla pratica.

Cosa fa L’Albero della Vita per combattere tutto questo?

È un fenomeno da combattere strenuamente con le armi dell’educazione, con azioni di sensibilizzazione, ma anche con progetti di sviluppo che contrastano la povertà e offrono alle famiglie più povere occasioni e opportunità per una vita diversa.

Grazie al nostro intervento le famiglie possono far studiare le proprie figlie, possono scoprire che per loro c’è un futuro diverso, un futuro fatto di studio, lavoro, parità e opportunità.

Ringraziamo tutti i sostenitori che dal 2005 sono al nostro fianco con il progetto di Sostegno a Distanza in West Bengal e in Assam perché grazie a voi possiamo fare qualcosa di concreto per il futuro delle bambine indiane.