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Elena, Mattia e Simona è il team partito per il Kenya con l’obiettivo di valutare l’avvio di un nuovo progetto di supporto “Mother and Child” nel reparto di maternità dell’ospedale governativo di Maralal e di visionare la parte conclusiva del progetto “Mai Più Senza Cibo”, realizzato insieme a Nutriaid, CCA, Find the Cure.

Siamo nella savana della zona centro-settentrionale, solitamente aspra e arida, ma che a causa del lungo periodo di piogge e alluvioni non ancora terminato, si presenta a noi molto rigogliosa e verde.

Una vera bellezza per gli occhi e per le comunità agro pastorali che, non poco più di un anno fa, ha dovuto affrontare una grave emergenza siccità. Perché in queste zone l’alternanza di alluvioni e siccità è normale: dove oggi di fronte a noi si presentano distese di prati e alberi, un anno fa era tutta zona desertica con carcasse di animali ovunque e pastori in perenne ricerca di acqua per la sopravvivenza propria e del proprio bestiame.

Qui a centinaia di Km di distanza dalla metropoli di Nairobi e dalle turistiche località costiere, vivono le antiche comunità agro-pastorali dei Samburu, gruppo etnico nilotico di “guerrieri” imparentato con quello dei Masai. È principalmente a loro che è rivolto il nostro intervento.

7 giorni intesi, più di 50 ore di viaggio su strade sterrate, oltre 1000 chilometri percorsi, tante mani e sguardi incrociati, tante storie ascoltate e da ricordare. Storie che oggi vogliamo raccontare anche a te.

Per ogni madre il momento del parto rimane un ricordo indelebile, di gioia, di completamento, per la nascita di un nuovo figlio. Per molte donne, invece, questo momento si trasforma tragicamente in un ricordo di grande pericolo per sé e per nascituro.

Questo è quello che accade quotidianamente nel distretto del Samburu, nel nord del Kenya, dove una comunità nomade di circa 300mila persone vive ancora oggi di pastorizia in villaggi (manyatta in lingua Samburu) sparsi per 20.808 chilometri. Qui vivono nelle tipiche capanne circolari di paglia e terra, comunità di antichi guerrieri, detti anche Lokop, i “padroni delle terra”.

In questa missione siamo venuti a visitare le condizioni dell’ospedale governativo di Maralal, dipartimento maternità, per avviare un nuovo progetto di “Mother and Child Support” in Samburu Central Hospital. Il nostro partner locale è Find The Cure Kenya, un’organizzazione della società civile keniota fondata dal dr Daniele Sciuto, medico italiano che vive in Samburu da circa tre anni con la moglie Jasmine, ostetrica nello stesso ospedale. Sono loro che ci accompagnano nella struttura, che ci fanno incontrare i medici, le ostetriche, le infermiere e le mamme.

Dall’esterno l’ospedale sembra essere accogliente, ben curato. Ci sono mamme sdraiate sui prati con i loro parenti, nei loro tipici costumi e anche qui la vita, come nella città, si svolge prevalentemente all’aperto: donne che stendono i panni, che chiacchierano tra di loro, donne più anziane che attendono la nascita dell’ennesimo nipote. A volte ci sono anche i mariti, ma sono presenze più rare nella maternità di Maralal.

Ma è all’interno del reparto che subito ci rendiamo conto che qui manca davvero tutto.

In totale ci sono 18 posti letto gestiti tra partorienti e donne che hanno bambini ricoverati in terapia intensiva. Troppo pochi rispetto al bisogno; così in ogni letto troviamo due mamme.

I letti non sono dotati di lenzuola e le tipiche coperte dei Samburu colorano le corsie, tre in tutto, e diventano all’occorrenza anche tovaglie (nelle corsie non c’è il tipico odore di ospedale al quale siamo abituati, ma di cibo, che le stesse pazienti si portano da casa), perché su quei letti le mamme ci mangiano anche. Non ci sono neppure i camici per le donne ricoverate e si fa fatica a distinguere, nella moltitudine di figure femminili che affollano lo stesso letto, chi è la puerpera; ognuna indossa il proprio vestito, spesso quello tipico delle comunità Samburu.

Questa completa mancanza di ambiente sterili è ancora più pericolosa nelle due stanze con le 5 incubatrici dedicate ai bambini prematuri: non è necessario togliersi le scarpe, le coperte dei bambini sono le stesse dei letti delle madri, indossati dalle madri stesse, sporche, non sterilizzate. È incredibile come questi bambini piccolissimi riescano a sopravvivere in queste condizioni. Eppure succede. Le infermiere ci raccontano che i bambini del Samburu sono forti, bastano queste piccole importanti cure per farli sopravvivere.

Ne abbiamo incontrati tanti in questi giorni. Le loro mamme, tutte giovanissime, li stringono amorevolmente, gli cantano in continuazione delle canzoni, li massaggiano, gli somministrano i farmaci che le infermiere gli hanno indicato. Staranno in ospedale il tempo necessario, almeno fino all’avvio dell’allattamento se si riesce, e poi avvolte nelle loro coperte riporteranno i loro piccoli guerrieri nei villaggi, proseguendo con i controlli nel dispensario di Baawa, con l’ostetrica Doris Lentaano che lavora, da sola, ogni giorno della settimana dalle 7 alle 17 (non oltre perché poi non c’è più luce e si deve fermare).

Manca tutto in questo ospedale, manca anche la riservatezza che una donna ha il diritto di avere in questo particolare momento della sua vita. Ci sono delle tende scure che creano degli ambienti separati. Anche queste sporche. Ma perlomeno un minimo di privacy è garantita. Cosa che non avviene in sala parto dove ci sono due lettini, completamente arrugginiti e usurati, che necessiterebbero di essere sostituiti con altri più moderni e adatti. Qui, infatti, non dobbiamo dimenticare che la quasi totalità delle donne ha subito la pratica dell’MGF (mutilazione genitale femminile) e diventa importante per chi assiste al parto, far mantenere la stessa posizione alla partoriente per un periodo lungo: le lacerazioni, durante il parto sono particolarmente profonde e dolorose per la donna e le suturazioni sono operazioni spesso complesse.

Per i casi più gravi poi, c’è una sala operatoria, ma le condizioni igieniche e sanitarie rimangono le stesse.

Da subito abbiamo pensato che è un nostro dovere migliorare le condizioni di questo luogo, un posto diventato orami punto di riferimento per moltissime donne. In questo ospedale, infatti, ogni mese partoriscono circa 120 donne. Abbiamo così chiesto al personale medico e paramedico quali fossero i bisogni più urgenti e di seguito trovate le prime migliorie che vogliamo apportare al reparto di maternità di Maralal.

MATERIALE NECESSARIO SUBITO:

  • 1 Letto per sala parto e kit lenzuola 4200€
  • 4 Divisori per sala parto 75€
  • 4 Tiralatte automatico 50€
  • 400 Kit mamme: (bacinella, piatto, cucchiaio) 15€
  • 120 Divise per mamme partorienti 12€

TOTALE >10.000€

Per farlo abbiamo bisogno di un tuo aiuto, partecipa alla raccolta fondi di Elena, Mattia e Simona su Facebook. La trovi Qui sotto, grazie.

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