Ci sono alcune piaghe sociali che superano le barriere di genere. Altre invece che rimarcano e accentuano inevitabilmente le differenze tra uomo e donna, sottolineando ancora di più il divario di genere che esiste anche quando i punti di partenza sono gli stessi.
La povertà è una di queste
Che l’Italia sia un Paese con un numero sempre in crescita di individui che vivono in povertà assoluta è un dato certo: lo dicono le statistiche degli ultimi anni e lo confermano le politiche di Welfare che tentano di tamponare una condizione diventata ormai insostenibile, tanto al nord quanto al sud.
Nella drammaticità di questa situazione non appare però del tutto evidente un aspetto tipico, ma non nuovo, della povertà italiana: questa non colpisce in maniera paritaria gli uomini e le donne.
Nel 2014, 2 milioni 44 mila sono donne (6,6 per cento del totale della popolazione femminile). Nel 2015 è aumentato al 7,3% di cui il 40% è compresa in una fascia d’età tra i 19 e i 24 anni. Per pochi punti non siamo sul podio europeo (siamo preceduti da Lettonia, Estonia, Lituania e Cipro); mentre la Danimarca, la Spagna, la Polonia; l’Ungheria e la Slovacchia presentano un divario a sfavore degli uomini. fonte: Actionaid
In questo scenario, l’ultima fotografia scattata dall’Istat sull’occupazione nel nostro Paese riporta le donne, sempre le donne, al centro di uno tsunami che continua a colpire l’economia italiana e a indebolire la nostra società. Sono 2 milioni e 428mila i nuclei familiari, pari al 12 per cento del totale, che vivono grazie alle entrate femminili. Un esercito di mamme che mantengono la famiglia, che lavorano nella consapevolezza di essere spesso sottopagate (circa il 30% in meno degli uomini) senza ricevere adeguati supporti nella gestione dei figli e dei lavori domestici. fonte: nonsprecare
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Oggi “l’icona della miseria” è una madre lavoratrice in affanno di prima mattina, di corsa mentre tenta di sistemare contemporaneamente i figli e i genitori anziani, schiacciata tra lavoro a basso reddito e i diversi compiti di cura. E per uscire da questa spirale, l’istruzione sembra offrire la soluzione migliore: le donne che hanno bassi livelli di istruzione hanno da tre a quattro volte maggiori possibilità di finire sull’orlo della povertà (www.italiadonna.it/societa).
Ma siamo davvero di fronte a un nuovo fenomeno sociale?
La povertà femminile in realtà è sempre esistita, ma si è sempre nascosta all’interno dei nuclei familiari. Nei Paesi industrializzati il fenomeno della povertà e, più nello specifico, della povertà femminile sta emergendo oggi con una proporzione preoccupante. Oltre alle privazioni materiali gli aspetti più allarmanti sono i processi di marginalità ed esclusione che si originano, spesso in maniera irreversibile.
La condizione di povertà della donna non si identifica soltanto nell’assenza di risorse economiche necessarie al soddisfacimento dei bisogni primari, ma soprattutto nelle sue implicazioni immateriali, quali l’isolamento e l’esclusione sociale, privando le donne di quella dimensione per loro fondamentale: la dimensione relazionale.
Nei nuclei familiari sono le mamme il soggetto intorno al quale si sviluppano e si svolgono le dinamiche sociali e i contatti con l’esterno. I danni provocati da questo circolo vizioso povertà-marginalità-esclusione della donna ricadono su tutta la famiglia. E a pagarne le conseguenze più alte sono i figli, anello più fragile di questa catena.
Insieme possiamo aiutare le persone in stato di povertà a uscire dal disagio che questa situazione porta.
Scopri: Il nostro programma di contrasto alla povertà: Varcare la Soglia