La giornata dedicata ai lavoratori è un simbolo dei diritti e della dignità della persona. Ma servono più sforzi per sostenere chi oggi non può festeggiare.
“Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire”.
Nelle fabbriche dell’Ottocento erano queste le parole d’ordine degli operai che lottavano per i propri diritti. E se oggi, 1 maggio, in gran parte del Pianeta, persino in Russia e in Cina, si festeggia la giornata del lavoro con le braccia conserte, dobbiamo ringraziare loro. Durante la seconda rivoluzione industriale, infatti, la norma era trascorrere 12, 13, anche 16 ore al giorno in sala macchine, in condizioni disumane. Il 1 maggio 1886 centinaia di migliaia di lavoratori statunitensi scesero in piazza per richiedere a gran voce “quelle” otto ore. Tutto si svolse pacificamente ma, nei giorni successivi, a Chicago la manifestazione fu repressa nel sangue.
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Ci furono decine di morti, arresti e condanne capitali e il clamore arrivò anche in Europa. Per ricordare simbolicamente quelle vittime, qualche anno dopo il congresso della Seconda Internazionale socialista riunito a Parigi decise che la giornata del 1 maggio 1890 sarebbe stata dedicata ai diritti dei lavoratori. Nacque così un appuntamento che è arrivato fino ai giorni nostri e che, tuttavia, in Italia sono in molti a non poter festeggiare.
Il lavoro è un bene prezioso
Gli ultimi dati Istat indicano che nel nostro Paese la disoccupazione generale si attesta all’11,5% ma quella giovanile (anche se in calo) a un drammatico 35,2%. Il fatto che oltre un giovane su tre non stia lavorando deve farci preoccupare seriamente. Lo scrittore Joseph Conrad aveva intuito che nel lavoro “c’è la possibilità di trovare se stessi… ciò che nessun altro potrà mai conoscere” e oggi la scienza ci dimostra che non si sbagliava.
In uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet, infatti, i ricercatori della Oxford University, del King’s College e di altre importanti istituzioni, hanno analizzato i dati della popolazione di 26 Paesi dell’Unione Europea nell’arco di oltre trent’anni, evidenziando una stretta correlazione tra la mancanza di lavoro e la salute delle persone, con un dato particolarmente inquietante: per ogni aumento dell’1% della disoccupazione si registra una crescita dello 0,79% del tasso di suicidi Di recente, altre ricerche hanno messo in evidenza gli effetti negativi della crisi economica e della disoccupazione sulle condizioni di vita, psicologica e materiale, delle famiglie. Effetti che inevitabilmente si ripercuotono anche sui minori.
A rischio il futuro dei bambini
Gli scienziati della John Hopkins University di Baltimora, guidati dalla ricercatrice italiana Vanessa Oddo, per esempio, hanno “seguito” un campione di oltre un milione e mezzo di bambini e ragazzi in età scolare, notando che la percentuale di studenti in sovrappeso o addirittura obesi aumenta drasticamente quando cresce anche di poco il tasso dei “senza lavoro” nelle famiglie, costrette a risparmiare anche sul cibo sano, con prevedibili conseguenze a lungo termine per la salute di ampie fasce della società.
Risultati del genere sembrano voler ricordare ai legislatori che la crisi economica ha reali effetti sulla salute e sul futuro dei bambini e che occorre agire in modo strutturale per mitigarne le conseguenze. Un monito a cui facciamo fronte da diversi anni, impegnandoci a fondo per orientare le istituzioni verso politiche più idonee contro la povertà e intensificando ogni anno il nostro programma di sostegno alle famiglie con figli minorenni che versano in gravi difficoltà economiche.
Noi, in questi anni, ci stiamo adoperando per essere di supporto alle famiglie in difficoltà dove uno o entrambi i genitori hanno perso il lavoro.
Il nostro programma di intervento Varcare la Soglia punta alla valorizzazione del potenziale delle famiglie favorendo la consapevolezza delle proprie competenze e risorse interne, tenendo sempre al centro il benessere dei bambini e la crescita dell’impegno sociale e civile delle persone coinvolte come fattore di cambiamento più esteso a livello comunitario e sociale.
Il programma nazionale di inclusione sociale e contrasto alla povertà presente a Milano, Palermo, Roma e Genova mira ad un sostegno concreto ed efficace al fine di ridurre questo fenomeno.