Con il Percorso DUE FAMIGLIE PER CRESCERE: REALIZZARE L’AFFIDO, L’Albero della Vita, insieme ai docenti coinvolti in questi cinque appuntamenti on line, ha incontrato 630 professionisti della tutela dell’infanzia, con lo scopo ultimo di contribuire alla realizzazione dell’affido etero-familiare come pratica di aiuto a sempre più bambini e loro famiglie in difficoltà.

Isabella Catapano, Direttore Generale de L’Albero della Vita, ricorda a inizio percorso che l’affido è una forma di aiuto preziosa, da oltre 15 anni ne abbiamo fatto un progetto d’amore e di possibilità per oltre 200 bambini, formando e accompagnando oltre 230 famiglie. Siamo testimoni che l’affido rappresenta la possibilità di offrire ai bambini, per il tempo necessario, un ambiente in cui crescere e fiorire.

Il Percorso rappresenta una seconda fase dopo il volume del 2020 Due Famiglie per Crescere con il contributo di oltre 35 professionisti del settore che ha messo insieme principi comuni, esperienze e consapevolezze a servizio di un rilancio della pratica dell’affido in Italia. Da qui l’esigenza di rafforzare le variegate e complesse competenze necessarie a realizzarlo e di offrire ai professionisti della tutela dell’infanzia saperi teorico pratici sull’affido etero-familiare attraverso l’esperienza di professionisti che lo praticano da molti anni. Il Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali ha voluto insieme a noi questo progetto accreditandolo e patrocinandolo.

Il Percorso ha rappresentato uno spazio fecondo di apprendimento e di auto riflessione sul senso di questa pratica, sulle proprie modalità di fare affido o di cosa occorra per prepararsi a farlo nel proprio ambito di lavoro. Sullo sfondo il tema della collaborazione tra pubblico e privato sociale, un orizzonte che si rende sempre più necessario allo sviluppo dell’affido etero-familiare come pratica multidisciplinare con molte competenze coinvolte e la necessità di una presenza e di un accompagnamento costante della famiglia affidataria e dei bambini.

Gianmario Gazzi, presidente CNOAS, a chiusura del percorso, ha ricordato alcuni aspetti chiave:

“L’affidamento familiare è uno strumento temporaneo per il quale servono quegli interventi educativi, psicologici, di assistenza, di progettualità che dobbiamo garantire, facendo delle scelte mirate che non sono come spesso succede la via più semplice. Costruire servizi di questo tipo vuol dire co-progettazione pubblico privato, vuol dire investimenti che non sono solo il numero di operatori, ma anche formazione di base e formazione permanente degli operatori. L’affidamento è un intervento che riguarda un insieme di competenze professionali: ci deve essere l’educatore, ci deve essere lo psicologo, ci deve essere l’assistente sociale. Ma potrebbero essere coinvolti anche altre professioni perché non tutti gli affidamenti sono uguali. Tutti i professionisti coinvolti devono battersi affinché l’affidamento diventi quello strumento delicatissimo per garantire ai bambini e ai ragazzi il contesto migliore dove crescere, per il tempo necessario”.

Prof.ssa Paola Milani, Università di Padova, avviando il percorso, ha ricordato come l’affido rappresenti una forma di solidarietà tra famiglia che è da sempre nella nostra cultura e che soddisfa un diritto fondamentale dei bambini: essere amati e protetti dentro un sistema di cura, di legami e di relazioni. Uno strumento complesso in quanto richiede dialogo, collaborazione autentica e sinergia tra molti soggetti che, in quanto tutti insieme comunità educante, hanno una responsabilità condivisa.

Isabella Catapano, Direttore Generale de L’Albero della Vita: Nel percorso, insieme alla prof.ssa Milani e agli altri docenti abbiamo riflettuto e realizzato che l’affido in questi anni è stato soprattutto utilizzato come forma di intervento riparativa, quando le situazioni erano molto compromesse, e che questa non è la direzione di miglior aiuto per tante famiglie con temporanee difficoltà. Occorre assumere uno sguardo preventivo, di rafforzamento delle risorse e della genitorialità nei tempi più adeguati a promuovere resilienza. Occorre farlo insieme, costruendo giorno dopo giorno una sussidiarietà circolare, di reciproco sostegno, tra pubblico e privato sociale che parta da una relazione anzitutto tra persone che condividono valori e motivazioni.

Il Volume del 2019 Bambini e ragazzi in accoglienza in Italia (Ministero del Lavoro e Politiche Sociali insieme a Istituto degli Innocenti) mostra che le attività di messa in rete dei soggetti che operano nell’ambito dell’affido hanno ancora un spazio contenuto (33%) nonostante siano da ritenersi fondamentali nell’ambito delle azioni realizzate dai servizi dedicati quali i Centri affidi.

Una domanda posta ai partecipanti del Percorso (di cui ca. 75% assistenti sociali) ha evidenziato tra i rispondenti (circa 200) che i principali ostacoli alla collaborazione sono la mancanza di tempo da dedicare al lavoro di rete, una ridotta consapevolezza/disponibilità dei servizi pubblici al lavoro di rete con le associazioni, una mancanza di accordi chiari, una confusione dei ruoli. Un quadro che mostra ancora prevalente scollegamento e chiusura. Come ha ricordato tuttavia il prof. Marco Giordano nel terzo incontro, è l’unione a fare la tutela, non la divisione, il lavoro di rete è quanto mai necessario.

Secondo le Linee di Indirizzo per l’affidamento familiare (2012) il servizio pubblico può esercitare il proprio ruolo di protezione, cura e tutela dei bambini e ragazzi solo attraverso una collaborazione attiva, intenzionale e programmata con le reti e le associazioni presenti nel territorio. Propongono un modello per il quale al “pubblico” viene chiesto di “contaminarsi” con il privato e, prima ancora, con la quotidianità delle persone e delle famiglie.

Attenzione tuttavia al surplus di regolamentazione che ingessa anziché favorire la collaborazione. Marco Giordano ha evidenziato che il primo passo in ordine di importanza è favorire una rete informale tra operatori per iniziare a costruire insieme, occorre prendersi cura di questo processo per passare a forme più strutturate di collaborazione.

Alla base, tutti i componenti di una rete devono avere consapevolezza dell’obiettivo comune che li unisce e della necessaria partecipazione di tutti, all’interno di un rapporto che le Linee di Indirizzo definiscono di “sussidiarietà, complementarità, integrazione e valorizzazione delle specificità e delle differenze”.

Valentina Calcaterra della Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, da un punto di vista della ricerca in materia e della sua esperienza, ha invitato a portare attenzione al rischio di frammentazione e a riconoscere piuttosto reciprocamente le competenze in campo dei diversi attori, in un percorso di contaminazione e di integrazione di competenze, di linguaggi e di sguardi diversi.

Su tutti questi aspetti hanno insistito a fine percorso il Comune di Brescia e L’Albero della Vita che collaborano in una gestione partecipata di progetti di affido etero-familiare e condividono la profonda motivazione e il forte desiderio di creare insieme nuove forme di solidarietà per sostenere le fragilità delle famiglie. Un modello inclusivo e pluralista scelto dal Servizio per l’Affido e la Solidarietà familiare di Brescia nel 2019 che ha alla base una rosa condivisa di valori per riuscire bene insieme, a favore dei bambini e delle loro famiglie. Occorre lavorare in un rapporto di fiducia fondata, riconoscersi nei rispettivi ruoli e competenze, condividere accordi, obiettivi e progettualità. Insieme vanno superati i timori delle complessità insite in questa misura, e vanno attivate le condizioni necessarie all’esperienza dell’affido: le famiglie e i bambini vanno aiutate a prepararsi, a sentirsi pronti e poi accompagnate nell’esperienza creando condizioni sostenibili per loro.

La prof.ssa Elena Bonetti, Ministro per le pari opportunità e la famiglia, ha suggellato le riflessioni maturate nei cinque incontri rimarcando che

“C’è necessità di costruire reti, corresponsabilità e co-progettazione nell’ambito della protezione delle bambine e dei bambini e anche nella direzione di promuovere pienamente il loro protagonismo, la loro autonomia, il loro ruolo sociale. È questo lo spirito con il quale all’interno dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, di cui L’albero della Vita fa parte come invitato permanente, abbiamo presentato il quinto Piano nazionale per l’infanzia e l’adolescenza. Tra le azioni specifiche che hanno come oggetto il tema dell’affido familiare è prevista l’istituzione, in seno all’Osservatorio nazionale, di un tavolo di lavoro permanente con la piena partecipazione di organismi rappresentativi delle persone di minore età – valorizzando il loro diritto alla partecipazione, finalizzato, in una prima fase, a disegnare un sistema pubblico, inclusivo e integrato di servizi, titolare delle funzioni prevenzione, accompagnamento, cura, tutela e protezione dell’infanzia e, in una seconda fase, a garantire il coordinamento e il monitoraggio delle politiche di protezione e tutela dell’infanzia, anche attraverso un collegamento stabile con i gruppi di ricerca che nel Paese svolgono ricerca sull’infanzia e sull’adolescenza. Il Piano prevede inoltre di favorire la qualità e la confrontabilità dei dati raccolti dai sistemi che detengono informazioni su bambini e adolescenti in carico ai servizi e fuori famiglia, istituendo un gruppo di lavoro interistituzionale, composto dalle Amministrazioni centrali con competenze informatiche, statistiche, sociali, giuridiche e sociosanitarie. Questa specifica azione permetterà, fra l’altro, di ottenere informazioni costantemente aggiornate sui minorenni fuori famiglia e sulla loro situazione”.