Mano a coppa vicino alla bocca, Ambra, 7 anni e mezzo (a quel mezzo ci tiene molto) rivela di aver rubato qualche conchiglia di quelle che papà usa per fare i suoi “pupazzi”. Papà Carlo è un falegname, e prima del terremoto l’attività andava a gonfie vele. Buona parte delle case di Pretare possedevano qualcosa creato dalle sue mani. La moglie, Katarina, produceva formaggi, latte e yogurt di capra.

Ma la notte tra il 23 e il 24 agosto il loro mondo è crollato.

Da allora Carlo e Katarina non lavorano più. Sono ospiti alla Domus Mariae, certo, e Ambra piano piano è tornata a sorridere, ma “un uomo non ha bisogno solo di mangiare e dormire” e Carlo me lo dice con uno sguardo triste.  Per passare il tempo e per provare a racimolare qualche soldo, da un po’ di mesi a questa parte costruisce pupazzetti fatti di conchiglie: cani, gatti, koala. Oggettini bellissimi che prova a vendere, ma con poca fortuna perché il costo per esporre i propri oggetti è alto.

Carlo e Katarina cercano di non portare a passeggio Ambra per la città: hanno paura che veda un giocattolo, un vestitino o che chieda un gelato. I soldi, per gli “extra”, non ci sono.

Ambra di tutto questo non sa nulla: lei sorride e gioca con il suo bambolotto, un cicciobello al quale è molto legata ma che non ha un nome anzi, mi dice, “oggi si chiama Niente”. Niente: come quello che è rimasto a questa famiglia dopo il terremoto. La casa è collassata su se stessa e non c’è stato più modo di rientrare per prendere qualcosa: abiti, ma è il meno dice Katarina, foto, giocattoli.

Ambra con Cicciobello - Storie dal terremoto 2016

Ambra guarda in su, verso quella che era la sua cameretta, sorride dolce e mi dice:

mi piacerebbe tornare li, o anche alla mia roulotte, mi mancano le mie cose.

La malinconia dura un attimo però: corre verso l’albero di ciliegie del giardino di mamma e papà, ne raccoglie qualcuna e le trasforma in orecchini: si sa, non servono giocattoli costosi per far volare la fantasia.

Intervista di Valentina Tamborra a Radio 2

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Con gli educatori de l’Albero della Vita ha imparato di nuovo a sognare e a guardare la natura con un po’ meno timore: certo, ha ancora paura dei rumori improvvisi, perché la notte del terremoto rimbomba ancora dentro, però è tornata a correre per i prati, a raccogliere fiori, legnetti e sassolini per comporre piccoli quadretti.

La strada è ancora lunga: Ambra, papà Carlo e mamma Katarina aspettano che venga assegnata loro una casa e, soprattutto, di poter tornare a una vita normale, dove un gelato e una passeggiata domenicale non sono momenti da temere, ma da gustare. Una nuova casa, fatta di legno: quello stesso materiale che Carlo sa lavorare così bene e che, ironia della sorte, ora non verrà maneggiato da lui. Perché le imprese che se ne occupano non offrono lavoro alle persone del posto.

Così Carlo continua a raccogliere e lavorare conchiglie e ad aspettare che, finalmente, torni il sereno.

Valentina Tamborra

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