Nell’aprile del 2012 la Kay Pe’ Giuss, la casa di accoglienza che oggi ospita gli oltre cento bambini del Sostegno a Distanza, non esisteva ancora. Era poco più che un’idea, un progetto che sognava di diventare realtà.
In quelle settimane una donna venne alla clinica del Villaggio italiano portando con sé un bambino di un anno e mezzo gravemente denutrito, il piccolo Schnaider. Raccontò di essere la zia, che la madre del bambino era morta di parto e che lei non poteva accudirlo perché viveva nella miseria estrema in una tendopoli del post terremoto del 2010, uno di quei campi in cui migliaia di persone vivono ammassate sui cenci aspettando solo che qualcuno porti loro cibo e acqua.
La donna chiese di lasciare Schnaider lì per sempre. Ma dove?
Suor Marcella trovò la soluzione: lo accolse a casa propria in attesa che aprisse la Kay Pe’ Giuss. Il piccolo era pelle e ossa e non reagiva agli stimoli. Fu subito inserito nel programma nutrizionale e iniziò le cure, seguito da alcune volontarie. In quei mesi di condivisione tra lui e Suor Marcella si creò un legame forte che avrebbe lasciato il segno.
Poi, in una bellissima giornata di sole, la struttura finalmente fu inaugurata e Schnaider fu tra i primissimi a entrare, “aprendo la via” a tanti altri bambini che lo avrebbero seguito.
A distanza di cinque anni Schnaider è cresciuto, ha terminato la scuola materna e sta frequentando la classe preparatoria alla scuola dei grandi. È molto contento di stare alla Key Pe’ Giuss, forse perché si sente un po’ il padrone di casa, anche grazie a quel rapporto speciale di qualche anno fa.
Ogni tanto, infatti, si concede alcuni “lussi”, come passare del tempo in ufficio con Marcella, seguirla in cucina o aiutarla con la spesa.
Sono privilegi davvero piccoli ma per un bambino che arriva dal nulla, sono grandi abbastanza per dare la felicità.
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