Io non ho paura di niente!Samuele, il più piccolo dei quattro fratelli, procede spedito verso la porta di casa.

“Io non ho paura di niente, però puoi darmi la mano?”

La mamma mi racconta che Samuele da quella notte fatica a dormire: si sveglia di soprassalto al minimo rumore, Beatrice invece di giorno è tranquilla ma di notte tutte le paure tornano a turbare il sonno. Attorno a noi tutto è abbandono: un fermo immagine.

Oggetti rovesciati, polvere, macerie, tegole cadute, l’erba alta, il dondolo arrugginito. Il giardino di casa ridotto a una fotografia sbiadita di ciò che è stato.

L’allegria dei bambini fa a pugni con ciò che ci circonda. Si arrampicano su un albero, Beatrice porta con sè Geronimo, il pupazzo preferito, una delle poche cose che è riuscita a salvare. Cucinare, sedersi attorno a un tavolo, arrampicarsi sull’albero preferito, mangiare le scorte di miele che papà tiene nella roulotte, andare a scuola, tornare a casa da lavoro. Una vita normale, la quotidianità: ecco cosa manca a Roberta e Alessandro, i genitori di quattro ragazzi stupendi. Dal 24 di agosto vivono in albergo, alla Domus, ed è dura.

Beatrice - Storie del terremoto

Non c’è più una parvenza di intimità, di privacy. Se all’inizio la condivisione ha aiutato a superare il trauma e la paura, ora è diventata una negazione della libertà. Beatrice ha 13 anni, uno sguardo adulto e un sorriso sbarazzino. Quella notte si è svegliata per prima: avrebbe voluto urlare, dice, ma non le usciva il fiato. Così ha fatto l’unica cosa che le sembrava sensata, ha svegliato i fratelli, li ha aiutati a vestirsi e poi è corsa fuori, insieme a mamma e a papà. Roberta e Alessandra, i genitori, mi dicono che forse il trauma maggiore l’hanno subito gli adulti.

Sono loro che fanno i conti con la realtà di tutti i giorni: la paura maggiore è il futuro. Si, perché i ragazzi vogliono tornare, in qualche modo la loro fantasia, la naturale positività, li spinge a pensare che tutto riprenderà come prima. Ma il paese che conoscevano è scomparso, al suo posto sorgeranno casette di legno, provvisorie, così come provvisoria è la loro vita da un anno a questa parte. Eppure, nonostante questo, Roberto e Alessandra trovano la forza di reagire. Mi dicono che questa esperienza sarà di insegnamento per i figli, che le difficoltà insegnano, che ciò che è accaduto in qualche modo sarà una lezione di vita. Ci salutiamo parlando del futuro: Beatrice deve scegliere che scuola fare.

E’ brava a disegnare, e vorrebbe fare il liceo artistico, ma ha paura che nella vita non le servirà. Le sorrido e le dico di fare esattamente ciò che sente, ciò che desidera, che la vita è imprevedibile e non sappiamo mai dove ci condurrà. Già: la vita è imprevedibile. Un momento prima hai una casa, un rifugio sicuro e d’improvviso tutto cambia.

Non so se Beatrice studierà arte, se andrà avanti a disegnare, è brava, me lo dice anche Luca, uno degli educatori dell’Albero della Vita, che con lei ha lavorato fianco a fianco un anno per aiutarla a sconfiggere la paura. Una cosa la so però: Beatrice ha già pagato il suo debito con la vita e da ora in poi lei e la sua famiglia meritano che sia tutto in discesa.

Valentina Tamborra

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